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È costituzionalmente legittima la legge della Regione Veneto n. 51/2019 sul recupero dei sottotetti ad uso abitativo

12/04/2021

Con la recente sentenza n. 54, del 31 marzo u.s., la Corte costituzionale ha giudicato legittima la L.R. veneta n. 51/2019 in materia di recupero dei sottotetti ad uso abitativo.

A detta della Consulta, la disciplina regionale diretta ad introdurre specifici requisiti di altezza e aeroilluminazione per la sola porzione dell’unità abitativa costituita dal recupero edilizio dei sottotetti non deroga agli standard uniformi fissati dal D.M. 5 luglio 1975, i quali nulla prescrivono con riguardo ad una fattispecie così specifica come quella in esame.

Ciò perché, innanzitutto, i locali in questione costituiscono solo una parte dell’unità abitativa, che deve preesistere e possedere già i prescritti requisiti di abitabilità. Inoltre, tali locali sono caratterizzati normalmente da una peculiare morfologia, tanto che la disciplina impugnata fa riferimento all’altezza media, da calcolarsi escludendo le parti del sottotetto inferiori ad una certa soglia. 

Del resto – secondo la Corte – tali interventi di recupero perseguono interessi ambientali certamente apprezzabili, quali la riduzione del consumo di suolo e l’efficientamento energetico.

La medesima sentenza ha, invece, dichiarato incostituzionale la norma della L.R. 51/2019 relativa al titolo edilizio richiesto, nella parte in cui faceva generico riferimento alla SCIA.

Dopo tale decisione, alcune considerazioni merita la parziale dichiarazione di incostituzionalità relativa al titolo edilizio necessario. Invero, ad una primissima lettura, si potrebbe forse pensare che la Consulta abbia inteso bocciare tout court la SCIA ordinaria (ex art. 22, d.P.R. 380/2001), giungendo a sostenere che il recupero dei sottotetti dovrebbe necessariamente sottostare – sempre ed in ogni caso – alla SCIA alternativa al P.d.C.. Sennonché, un esame più approfondito della decisione della Corte dovrebbe ragionevolmente farci propendere per un’interpretazione di segno diverso; e ciò in ragione di una lettura sistematica della normativa di riferimento e anche alla luce di un’altra recentissima decisione del Giudice delle Leggi.

Ma andiamo per ordine.

Con la sentenza n. 54/2021 qui in esame, la Consulta si è limitata a sostenere che il riferimento generico alla SCIA – contenuto nella norma regionale veneta impugnata (art. 3, comma 2, L.R.V. 51/2019) – potrebbe generare il dubbio che tutte le ipotesi di recupero dei sottotetti possano assentirsi con SCIA ordinaria, anche nel caso in cui sia invece necessaria la SCIA alternativa.

La decisione di cui trattasi non specifica, in alcun punto della motivazione, che tutti gli interventi di recupero dei sottotetti debbano assoggettarsi alla SCIA alternativa.

Anzi, la parte motiva così recita: «La disposizione dell’art. 3, comma 2, della legge reg. Veneto n. 51 del 2019, per come formulata, potrebbe facilmente indurre i destinatari del precetto a ritenere sufficiente la SCIA “ordinaria” per tutti gli interventi in questione, compresi quelli assoggettati a permesso di costruire o a SCIA “alternativa” in base al T.U. edilizia», il che dovrebbe far desumere a contrariis che vi siano anche quelli assoggettati a SCIA ordinaria.

Di qui, la parziale dichiarazione di incostituzionalità del citato art. 3, comma 2, ha semplicemente finito per rinviare alla disciplina generale del T.U. dell’Edilizia e a tutti i titoli abilitativi (in senso lato) ivi richiamati.

Fermo restando che gli interventi di recupero dei sottotetti sono qualificati come interventi di “ristrutturazione edilizia” ex art. 3, comma 1, lett. d) del Testo Unico, cionondimeno, non tutti gli interventi di ristrutturazione sono assoggettati al P.d.C. o alla SCIA alternativa, ex art. 23, comma 01, lett. a) T.U.E., ma solo quelli di c.d. “ristrutturazione pesante” individuati dall’art. 10, comma 1, lett. c) del medesimo Testo Unico.

Viceversa, gli interventi di ristrutturazione che NON rientrano nella ristrutturazione “pesante” (ossia quelli di ristrutturazione “leggera”, che si desumono per esclusione) possono essere realizzati con SCIA ordinaria, ex art. 22, comma 1, lett. c).

Ne consegue che anche gli interventi di recupero dei sottotetti, in quanto soggetti a tutti i titoli ordinari del Testo Unico, richiedono ragionevolmente la SCIA alternativa solo quando siano qualificabili come ristrutturazione edilizia “pesante” (e cioè, quando portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, nei casi in cui comportino:

     modifiche della volumetria complessiva degli edifici;

     quando, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso;

     quando comportino modificazioni della sagoma o della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti di immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice Urbani, D.Lgs. n. 42/2004).

Al di fuori di questi casi, trattandosi di ipotesi di ristrutturazione edilizia “leggera”, la SCIA ordinaria dovrebbe ritenersi sufficiente.

D’altro canto, la stessa Corte costituzionale, appena pochi mesi fa, ha confermato la piena legittimità di interventi di recupero dei sottotetti assentibili con SCIA ordinaria, allorquando ricadano nella ristrutturazione “leggera”.

Si tratta della sentenza Corte Costituzionale, 13 gennaio 2021, n. 2, che ha deciso l’impugnazione proposta dal Presidente del Consiglio dei Ministri contro la legge della Regione Toscana 22 novembre 2019, n. 69, recante disposizioni in materia di governo del territorio, di adeguamento alla normativa statale in materia di edilizia e di sismica, e quant’altro.

In quel caso, il ricorso statale riguardava numerosissimi articoli della legge regionale toscana, ma – per quanto ci interessa in questa sede, ai fini interpretativi – possiamo limitarci all’impugnazione proposta contro l’art. 66 di quella normativa, relativo proprio ai sottotetti.

Questo si legge nella motivazione della citata decisione della Consulta: «Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, la prima disposizione contrasterebbe con «il combinato disposto dell’art. 10, comma 1, lettera c), dell’art. 23, comma 1, lettera a), e dell’art. 22, comma 1, lettera c)», T.U. edilizia, in violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione alla materia «governo del territorio». Ciò in quanto gli interventi diretti al recupero dei sottotetti sarebbero inquadrabili nella categoria degli interventi di ristrutturazione edilizia.

17.2.- Secondo la difesa regionale, la censura sarebbe infondata. Gli interventi di recupero dei sottotetti rientrerebbero tra gli interventi di ristrutturazione cosiddetta "leggera", assoggettabili alla SCIA "ordinaria" di cui all’art. 22 T.U. edilizia, che comprenderebbe «quelle attività edilizie di ristrutturazione che non alterano la sagoma dell’edificio qualora sottoposto a vincolo ai sensi del D. Lgs. n. 42/2004». La legge reg. Toscana n. 5 del 2010 avrebbe pertanto disciplinato gli interventi ammissibili per il recupero dei sottotetti in modo da ritenerli riconducibili alla ristrutturazione edilizia "leggera" di cui all’art. 135, comma 2, lettera d), della legge reg. Toscana n. 65 del 2014, come confermato dalla previsione che non è ammessa modifica della sagoma (art. 1, comma 2, della legge reg. Toscana n. 5 del 2010), né alcuna modificazione delle altezze di colmo e di gronda delle superfici o delle linee di pendenza delle falde, né, infine, alcun aumento delle unità immobiliari esistenti (art. 3, comma 3 e 4, della legge reg. Toscana n. 5 del 2010). Proprio per tali ragioni, questi interventi sarebbero stati già soggetti a mera SCIA "ordinaria" (art. 2, comma 2, della legge reg. Toscana n. 5 del 2010).

17.3.- La censura non è fondata.

La norma regionale impugnata, in sostanza, consente che, per il tramite degli interventi di recupero abitativo dei sottotetti e contestualmente a tali interventi, si possa far transitare – mediante SCIA "ordinaria" – l’unità immobiliare (cui il sottotetto accede) alla categoria funzionale «residenziale». La stessa norma regionale precisa che ciò non può avvenire nei centri storici, per i quali essa impone il permesso di costruire o la "super SCIA", secondo quanto stabilito dal T.U. edilizia. Ora, l’art. 10, comma 2, T.U. edilizia consente alle Regioni di stabilire «con legge quali mutamenti, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, dell’uso di immobili o di loro parti, sono subordinati a permesso di costruire o a segnalazione certificata di inizio attività»; e ciò fermo il vincolo, stabilito dall’art. 10, comma 1, T.U. edilizia, della necessità del permesso (tra l’altro) per i mutamenti di destinazione d’uso nei centri storici (permesso eventualmente sostituibile con la "super SCIA", ex art. 23, comma 01, lettera a, dello stesso testo unico). La Regione ha fatto uso di tale facoltà. La norma regionale impugnata, dopo aver richiesto il permesso o la "super SCIA" per gli interventi di recupero dei sottotetti da cui possa originare il mutamento di destinazione d’uso per immobili siti nei centri storici [e questo sarebbe indubbiamente un intervento di ristrutturazione “pesante”, ex art. 10, comma 1, lett. c) del Testo Unico. N.d.R] ha stabilito che per gli immobili esterni ai centri storici è sufficiente la SCIA "ordinaria". Il che, in assenza di alterazioni dell’edificio originario tali da costituire interventi di ristrutturazione "pesante", non appare in contrasto con alcun principio fondamentale stabilito dal T.U. edilizia».

In buona sostanza, la regione Toscana ha disciplinato ipotesi diverse di recupero dei sottotetti: per quelle che ricadono nella ristrutturazione pesante (ai sensi della disciplina 4 statale) ha richiesto il P.d.C. o la super SCIA (leggasi, SCIA alternativa), mentre, per quelle che rientrano nella ristrutturazione leggera, ha previsto la SCIA ordinaria.

E La Corte costituzionale – con la citata decisione n. 2/2021 – ha dichiarato la piena legittimità di siffatta previsione, proprio perché la SCIA ordinaria – ripetesi – «in assenza di alterazioni dell’edificio originario tali da costituire interventi di ristrutturazione "pesante", non appare in contrasto con alcun principio fondamentale stabilito dal T.U. edilizia».

Quest’ultimo inciso pare francamente quello più rilevante: non si rinviene nel T.U.E. alcun principio fondamentale che possa far ricondurre automaticamente il recupero di un sottotetto nella categoria della “ristrutturazione pesante”, ma ogni caso va valutato a sé, giusta la definizione contenuta nel più volte citato art. 10, comma 1, lett. c) del T.U. Edilizia e i requisiti ivi contemplati.

Se ne dovrebbe concludere quanto segue:

     se un determinato intervento di recupero del sottotetto è concretamente ascrivibile ad una ristrutturazione edilizia “pesante”, richiederà il P.d.C. o la SCIA alternativa;

     se, invece, non ricade nelle ipotesi elencate dall’art. 10, comma 1, lett. c) del Testo Unico, si tratterà allora di un intervento di ristrutturazione edilizia “leggera” e – come tale – sarà perfettamente assentibile con SCIA ordinaria.

In definitiva, ad avviso dello scrivente, la sentenza della Corte costituzionale n. 54/2021 non ha ricondotto in automatico tutti gli interventi di recupero dei sottotetti alla ristrutturazione “pesante”, ma ha semplicemente sgomberato il campo da una norma regionale dubbia, rinviando sic et simpliciter alla normativa statale e a tutti i titoli abilitativi edilizi ivi previsti e disciplinati. Spetterà, poi, all’interprete, di volta in volta, ricondurre il singolo intervento alla categoria corretta e scegliere il titolo di conseguenza.

avv. Domenico Chinello