La causa sembrava, dunque, aver intrapreso una strada oramai definita.
Sennonché l’Amministrazione comunale aveva medio tempore introdotto
una nuova disciplina urbanistico-edilizia, che pareva poter consentire l’edificazione
sul confine di proprietà, pur nel rispetto delle distanze minime tra fabbricati.
Il soggetto che era rimasto soccombente nei primi due gradi di giudizio,
ha quindi proposto ricorso in Cassazione, ivi depositando il nuovo strumento
urbanistico comunale e l’allegato Regolamento edilizio, dai quali poteva
desumersi che l’edificio oggetto di lite doveva considerarsi legittimo.
La parte resistente ha prontamente eccepito che tale nuova produzione
documentale doveva considerarsi inammissibile, perché in contrasto con l’art.
372 c.p.c., il quale – in linea generale – non ammette il deposito, avanti alla
Corte di Cassazione, di atti e documenti non prodotti nei precedenti gradi del
processo.
Il Giudice di legittimità, tuttavia, si è mostrato di diverso avviso, ribadendo un principio che
aveva già sancito in diverse altre occasioni: la strumentazione urbanistica a
livello comunale e gli annessi regolamenti edilizi, laddove disciplinano le
distanze nelle costruzioni, anche con riguardo ai confini di proprietà, non
rappresentano dei meri documenti, ma – trattandosi di disposizioni integrative
del codice civile – hanno pertanto valore di norme giuridiche vere e proprie, benché
di natura secondaria. Di qui, poiché, in forza del principio iura novit
curia, spetta direttamente al Giudice conoscere le norme, anche acquisendone
conoscenza d’ufficio, ogniqualvolta la violazione di esse sia dedotta da una
delle parti in lite, consegue che la produzione in giudizio dello strumento
urbanistico e del regolamento edilizio è ammissibile anche in sede di ricorso
per Cassazione (nel medesimo senso, si veda anche la decisione Cass. civile,
sez. II, ordinanza 05.02.2020, n. 2661).
Già in precedenza, peraltro, la Suprema Corte aveva sostenuto che «Il
giudice deve conoscere ed applicare d’ufficio, a prescindere dall’attività
probatoria svolta dalle parti, le prescrizioni sulle distanze contenute nei
regolamenti e strumenti urbanistici locali sopravvenuti in corso di causa,
trattandosi di norme giuridiche integrative dell’art. 873 c.c., e soggette
quale ius superveniens al principio iura novit curia» (cfr. Cass.
civile, sez. II, sentenza 15.06.2010, n. 14446), e ciò benché, in qualche caso,
abbia specificato che il suddetto principio iuris novit curia non
esonera comunque la parte interessata dall’onere di indicare le norme
regolamentari, preesistenti o sopravvenute, di cui chiede l’applicazione (in
questi termini, per esempio, la sentenza Cass. civile, sez. II, 02.12.2014, n. 25501).
Giudicata, dunque, ammissibile la produzione documentale di parte
ricorrente, la Cassazione è entrata nel merito della vicenda, ed ha chiarito cosa
accade quando sopravviene una disciplina urbanistico-edilizia più favorevole
nel corso di un giudizio: se anche un fabbricato doveva considerarsi
illegittimo al momento della sua costruzione, perché realizzato in violazione
delle distanze legali, la normativa regolamentare successiva che lo rende legittimo
impedisce che possa esserne disposta la demolizione. E se anche vi sono state
sentenze – rese in precedenti gradi di giudizio – che ne hanno ordinato l’abbattimento,
tali pronunce giudiziali devono ritenersi superate e l’ordinanza di demolizione
risulta inammissibile.
In giurisprudenza, infatti, era già stato pronunciato il seguente
principio di diritto: «In tema di distanze legali nelle costruzioni, qualora
sopravvenga una disciplina meno restrittiva, la costruzione, realizzata in
violazione della normativa in vigore al momento della sua ultimazione, non può
ritenersi illegittima qualora risulti conforme alla nuova disciplina, non
potendosi ordinare la demolizione o l’arretramento dell’edificio
originariamente illecito che abbia le caratteristiche e i requisiti che ne
consentirebbero la costruzione alla stregua della disciplina sopravvenuta»
(si veda in proposito, la parte motiva dell’ordinanza della Cassazione, sez.
II, 24.11.2020, n. 26713)
L’unico limite a tale principio è dato dall’eventuale intervenuta formazione
del giudicato sulla legittimità o meno della costruzione: ciò significa che,
ove sia divenuta definitiva la sentenza che accerta la violazione delle
distanze legali, questa non può più essere contestata, né messa in discussione
dall’eventuale normativa edilizia comunale sopravvenuta, benché più favorevole.
Un ragionamento a sé stante merita, invece, la questione legata all’eventuale
azione risarcitoria fatta valere da chi aveva denunciato la costruzione del vicino
realizzata in violazione delle distanze legali: anche nel caso di ius
superveniens più benevolo, se vi sono i presupposti per il riconoscimento
dei danni in favore di chi ha agito in giudizio, questi gli spettano comunque,
ma solo per il periodo di tempo compreso fra la realizzazione (illegittima) dell’edificio
in violazione delle distanze e l’avvento della nuova normativa edilizia comunale
che quell’edificio consente di legittimare a posteriori (sulla stessa
falsariga, si veda anche la precedente ordinanza della Cassazione – già citata –
n. 26713/2020).
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Questi i passi salienti della motivazione dell’ordinanza della Suprema
Corte n. 40984/2021, qui in esame:
«5. Il quinto motivo
di ricorso è così rubricato allegazione ex art. 372 c.p.c., del nuovo piano strutturale comunale del Comune di (OMISSIS) e del relativo regolamento edilizio urbano approvato con delibera n. 41 del 2014.
Il ricorrente, premesso
che il piano strutturale comunale ha la stessa funzione del piano regolatore
generale, evidenzia che il relativo documento può essere prodotto anche nel
giudizio di cassazione.
Alla luce del nuovo
strumento di pianificazione la particella è compresa nella zona B-2 dove è
consentita l’edificazione con le medesime caratteristiche e distanze del piano
di fabbricazione vigente all’epoca della costruzione, in pratica è consentita l'edificabilità sul confine purché vengano rispettate le distanze minime previste tra i fabbricati. Risulterebbe confermata la
regolarità e legittimità del manufatto eretto sia al momento dell’edificazione,
sia al momento della pronuncia della sentenza, in conformità alla normativa
urbanistica. L’area interessata alla costruzione ricadeva in zona B-1, per tale
zona era prevista espressamente la possibilità di costruire sul confine in alternativa
all’obbligo di rispettare la distanza minima di 5 metri, purché fosse rispettata
la distanza minima tra gli edifici di 10 metri.
Inoltre, il principio di
prevenzione non opera nell’ipotesi in cui il regolamento edilizio stabilisca la
necessità di rispettare in ogni caso la distanza dal confine vietando la
costruzione sullo stesso.
5.1 Il quinto motivo di
ricorso è fondato ed il suo accoglimento determina l’assorbimento del quarto
motivo.
Il ricorrente ha
depositato ex art. 372 c.p.c., il nuovo piano strutturale del Comune di
(OMISSIS) che ha rideterminato la classificazione della zona su cui insiste la
particella ricomprendendola nella categoria B-2 dove è consentita l’edificazione
con le medesime caratteristiche e distanze del piano di fabbricazione vigente
all’epoca della costruzione, in pratica è consentita l’edificabilità sul
confine purché vengano rispettate le distanze minime previste tra i fabbricati.
In proposito deve darsi
continuità al principio consolidato affermato da questa Corte secondo cui: Le
prescrizioni dei piani regolatori generali e degli annessi regolamenti comunali
edilizi che disciplinano le distanze nelle costruzioni, anche con riguardo ai confini,
sono integrative del codice civile ed hanno, pertanto, valore di norme
giuridiche (anche se di natura secondaria), sicché il giudice, in virtù del
principio "iura novit curia", deve acquisirne diretta conoscenza d’ufficio,
quando la violazione di queste sia dedotta dalla parte - alla stregua dell’enunciato
principio, la Corte ha ritenuto che non poteva considerarsi una produzione
vietata dall’art. 372 c.p.c., attenendo a "ius superveniens", l’allegazione
del testo regolamentare sopravvenuto di un piano di attuazione di un P.R.G.,
che avrebbe dovuto essere conosciuto ed applicato anche d’ufficio nel caso
esaminato - (Sez. 2, Ord. n. 2661 del 2020; Sez. 2, Sent. n. 25501 del 2014;
Sez. 2, Sent. n. 14446 del 2010).
Una volta ammessa la
produzione del piano strutturale del Comune di (OMISSIS), deve conseguentemente
ribadirsi che: I regolamenti edilizi in materia di distanze tra costruzioni
contengono norme di immediata applicazione, salvo il limite, nel caso di norme più
restrittive, dei cosiddetti "diritti quesiti" (per cui la disciplina
più restrittiva non si applica alle costruzioni che, alla data dell’entrata in
vigore della normativa, possano considerarsi "già sorte"), e, nel
caso di norme più favorevoli, dell’eventuale giudicato formatosi sulla
legittimità o meno della costruzione. Ne consegue l’inammissibilità dell’ordine
di demolizione di costruzioni che, illegittime secondo le norme vigenti al
momento della loro realizzazione, tali non siano più alla stregua delle norme
vigenti al momento della decisione, salvo, ove ne ricorrano le condizioni, il
diritto al risarcimento dei danni prodottisi "medio tempore", ossia
di quelli conseguenti alla illegittimità della costruzione nel periodo compreso
tra la sua costruzione e l’avvento della nuova disciplina (Sez. 2, Ord. n.
26713 del 2020)».