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Le nuove norme urbanistiche più favorevoli fanno venir meno l’ordinanza di demolizione

09/02/2022

Il caso affrontato dalla decisione della Suprema Corte qui in esame – l’ordinanza della Sezione Seconda, n. 40984, pubblicata il 21 dicembre 2021 – riguarda una lunga controversia tra i proprietari di due lotti contigui, a causa di un edificio realizzato in violazione delle distanze legali dal confine inter partes. In primo grado, la sentenza del Tribunale competente per territorio aveva accertato che il fabbricato in contestazione era stato effettivamente costruito senza rispettare le distanze legali e ne aveva ordinato la demolizione. In sede di appello, la Corte aveva confermato la prima pronuncia, reiterando l’ordine di abbattimento del manufatto illecitamente realizzato.

La causa sembrava, dunque, aver intrapreso una strada oramai definita.

Sennonché l’Amministrazione comunale aveva medio tempore introdotto una nuova disciplina urbanistico-edilizia, che pareva poter consentire l’edificazione sul confine di proprietà, pur nel rispetto delle distanze minime tra fabbricati.

Il soggetto che era rimasto soccombente nei primi due gradi di giudizio, ha quindi proposto ricorso in Cassazione, ivi depositando il nuovo strumento urbanistico comunale e l’allegato Regolamento edilizio, dai quali poteva desumersi che l’edificio oggetto di lite doveva considerarsi legittimo.

La parte resistente ha prontamente eccepito che tale nuova produzione documentale doveva considerarsi inammissibile, perché in contrasto con l’art. 372 c.p.c., il quale – in linea generale – non ammette il deposito, avanti alla Corte di Cassazione, di atti e documenti non prodotti nei precedenti gradi del processo.

Il Giudice di legittimità, tuttavia, si è mostrato  di diverso avviso, ribadendo un principio che aveva già sancito in diverse altre occasioni: la strumentazione urbanistica a livello comunale e gli annessi regolamenti edilizi, laddove disciplinano le distanze nelle costruzioni, anche con riguardo ai confini di proprietà, non rappresentano dei meri documenti, ma – trattandosi di disposizioni integrative del codice civile – hanno pertanto valore di norme giuridiche vere e proprie, benché di natura secondaria. Di qui, poiché, in forza del principio iura novit curia, spetta direttamente al Giudice conoscere le norme, anche acquisendone conoscenza d’ufficio, ogniqualvolta la violazione di esse sia dedotta da una delle parti in lite, consegue che la produzione in giudizio dello strumento urbanistico e del regolamento edilizio è ammissibile anche in sede di ricorso per Cassazione (nel medesimo senso, si veda anche la decisione Cass. civile, sez. II, ordinanza 05.02.2020, n. 2661).

Già in precedenza, peraltro, la Suprema Corte aveva sostenuto che «Il giudice deve conoscere ed applicare d’ufficio, a prescindere dall’attività probatoria svolta dalle parti, le prescrizioni sulle distanze contenute nei regolamenti e strumenti urbanistici locali sopravvenuti in corso di causa, trattandosi di norme giuridiche integrative dell’art. 873 c.c., e soggette quale ius superveniens al principio iura novit curia» (cfr. Cass. civile, sez. II, sentenza 15.06.2010, n. 14446), e ciò benché, in qualche caso, abbia specificato che il suddetto principio iuris novit curia non esonera comunque la parte interessata dall’onere di indicare le norme regolamentari, preesistenti o sopravvenute, di cui chiede l’applicazione (in questi termini, per esempio, la sentenza Cass. civile, sez. II, 02.12.2014, n. 25501).

Giudicata, dunque, ammissibile la produzione documentale di parte ricorrente, la Cassazione è entrata nel merito della vicenda, ed ha chiarito cosa accade quando sopravviene una disciplina urbanistico-edilizia più favorevole nel corso di un giudizio: se anche un fabbricato doveva considerarsi illegittimo al momento della sua costruzione, perché realizzato in violazione delle distanze legali, la normativa regolamentare successiva che lo rende legittimo impedisce che possa esserne disposta la demolizione. E se anche vi sono state sentenze – rese in precedenti gradi di giudizio – che ne hanno ordinato l’abbattimento, tali pronunce giudiziali devono ritenersi superate e l’ordinanza di demolizione risulta inammissibile.

In giurisprudenza, infatti, era già stato pronunciato il seguente principio di diritto: «In tema di distanze legali nelle costruzioni, qualora sopravvenga una disciplina meno restrittiva, la costruzione, realizzata in violazione della normativa in vigore al momento della sua ultimazione, non può ritenersi illegittima qualora risulti conforme alla nuova disciplina, non potendosi ordinare la demolizione o l’arretramento dell’edificio originariamente illecito che abbia le caratteristiche e i requisiti che ne consentirebbero la costruzione alla stregua della disciplina sopravvenuta» (si veda in proposito, la parte motiva dell’ordinanza della Cassazione, sez. II, 24.11.2020, n. 26713)

L’unico limite a tale principio è dato dall’eventuale intervenuta formazione del giudicato sulla legittimità o meno della costruzione: ciò significa che, ove sia divenuta definitiva la sentenza che accerta la violazione delle distanze legali, questa non può più essere contestata, né messa in discussione dall’eventuale normativa edilizia comunale sopravvenuta, benché più favorevole.

Un ragionamento a sé stante merita, invece, la questione legata all’eventuale azione risarcitoria fatta valere da chi aveva denunciato la costruzione del vicino realizzata in violazione delle distanze legali: anche nel caso di ius superveniens più benevolo, se vi sono i presupposti per il riconoscimento dei danni in favore di chi ha agito in giudizio, questi gli spettano comunque, ma solo per il periodo di tempo compreso fra la realizzazione (illegittima) dell’edificio in violazione delle distanze e l’avvento della nuova normativa edilizia comunale che quell’edificio consente di legittimare a posteriori (sulla stessa falsariga, si veda anche la precedente ordinanza della Cassazione – già citata – n. 26713/2020).

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Questi i passi salienti della motivazione dell’ordinanza della Suprema Corte n. 40984/2021, qui in esame:

«5. Il quinto motivo di ricorso è così rubricato allegazione ex art. 372 c.p.c., del nuovo piano strutturale comunale del Comune di (OMISSIS) e del relativo regolamento edilizio urbano approvato con delibera n. 41 del 2014.

Il ricorrente, premesso che il piano strutturale comunale ha la stessa funzione del piano regolatore generale, evidenzia che il relativo documento può essere prodotto anche nel giudizio di cassazione.

Alla luce del nuovo strumento di pianificazione la particella è compresa nella zona B-2 dove è consentita l’edificazione con le medesime caratteristiche e distanze del piano di fabbricazione vigente all’epoca della costruzione, in pratica è consentita l'edificabilità sul confine purché vengano rispettate le distanze minime previste tra i fabbricati. Risulterebbe confermata la regolarità e legittimità del manufatto eretto sia al momento dell’edificazione, sia al momento della pronuncia della sentenza, in conformità alla normativa urbanistica. L’area interessata alla costruzione ricadeva in zona B-1, per tale zona era prevista espressamente la possibilità di costruire sul confine in alternativa all’obbligo di rispettare la distanza minima di 5 metri, purché fosse rispettata la distanza minima tra gli edifici di 10 metri.

Inoltre, il principio di prevenzione non opera nell’ipotesi in cui il regolamento edilizio stabilisca la necessità di rispettare in ogni caso la distanza dal confine vietando la costruzione sullo stesso.

5.1 Il quinto motivo di ricorso è fondato ed il suo accoglimento determina l’assorbimento del quarto motivo.

Il ricorrente ha depositato ex art. 372 c.p.c., il nuovo piano strutturale del Comune di (OMISSIS) che ha rideterminato la classificazione della zona su cui insiste la particella ricomprendendola nella categoria B-2 dove è consentita l’edificazione con le medesime caratteristiche e distanze del piano di fabbricazione vigente all’epoca della costruzione, in pratica è consentita l’edificabilità sul confine purché vengano rispettate le distanze minime previste tra i fabbricati.

In proposito deve darsi continuità al principio consolidato affermato da questa Corte secondo cui: Le prescrizioni dei piani regolatori generali e degli annessi regolamenti comunali edilizi che disciplinano le distanze nelle costruzioni, anche con riguardo ai confini, sono integrative del codice civile ed hanno, pertanto, valore di norme giuridiche (anche se di natura secondaria), sicché il giudice, in virtù del principio "iura novit curia", deve acquisirne diretta conoscenza d’ufficio, quando la violazione di queste sia dedotta dalla parte - alla stregua dell’enunciato principio, la Corte ha ritenuto che non poteva considerarsi una produzione vietata dall’art. 372 c.p.c., attenendo a "ius superveniens", l’allegazione del testo regolamentare sopravvenuto di un piano di attuazione di un P.R.G., che avrebbe dovuto essere conosciuto ed applicato anche d’ufficio nel caso esaminato - (Sez. 2, Ord. n. 2661 del 2020; Sez. 2, Sent. n. 25501 del 2014; Sez. 2, Sent. n. 14446 del 2010).

Una volta ammessa la produzione del piano strutturale del Comune di (OMISSIS), deve conseguentemente ribadirsi che: I regolamenti edilizi in materia di distanze tra costruzioni contengono norme di immediata applicazione, salvo il limite, nel caso di norme più restrittive, dei cosiddetti "diritti quesiti" (per cui la disciplina più restrittiva non si applica alle costruzioni che, alla data dell’entrata in vigore della normativa, possano considerarsi "già sorte"), e, nel caso di norme più favorevoli, dell’eventuale giudicato formatosi sulla legittimità o meno della costruzione. Ne consegue l’inammissibilità dell’ordine di demolizione di costruzioni che, illegittime secondo le norme vigenti al momento della loro realizzazione, tali non siano più alla stregua delle norme vigenti al momento della decisione, salvo, ove ne ricorrano le condizioni, il diritto al risarcimento dei danni prodottisi "medio tempore", ossia di quelli conseguenti alla illegittimità della costruzione nel periodo compreso tra la sua costruzione e l’avvento della nuova disciplina (Sez. 2, Ord. n. 26713 del 2020)».

avv. Domenico Chinello