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Obbligo della P.A. di definire i procedimenti sanzionatori su istanza del vicino

22/06/2020

Con la recente sentenza Consiglio di Stato, Sez. VI, 18 maggio 2020, n. 3120, il Supremo Giudice amministrativo – al di là delle conseguenze dell’inottemperanza all’ordine di demolizione (sul punto la pronuncia in esame ribadisce principi noti), ha assunto un’importante e chiara presa di posizione circa l’obbligo del Comune di provvedere con le sanzioni edilizie, fino alla completa definizione del procedimento sanzionatorio, a fronte di denunce/diffide provenienti dal privato “dotato della vicinitas” rispetto all’opera abusiva.

La vicenda oggetto della decisione del Consiglio di Stato trae origine dalle “rimostranze” mosse da un privato, nei confronti del Comune, contro un abuso edilizio realizzato dal proprietario confinante, già oggetto di domanda di condono rigettata.

L’Ente locale aveva effettivamente adottato l’ordinanza di demolizione del manufatto abusivo ex art. 31, d.P.R. 380/2001, ma – a fronte dell’inottemperanza del destinatario dell’ingiunzione a demolire – il Comune stesso era rimasto sostanzialmente inerte, nonostante il vicino avesse diffidato l’Amministrazione a porre in essere tutti i doverosi atti repressivi e ripristinatori, ivi compresa l’acquisizione dell’opera abusiva e la sua demolizione.

Di qui, il vicino, che aveva interesse alla rimozione dell’abuso, aveva adito il T.A.R. competente per territorio, per ottenere la declaratoria di illegittimità del silenzio serbato dalla P.A. sull’istanza/diffida che egli stesso aveva proposto. Il T.A.R. Napoli, in accoglimento del ricorso, aveva dichiarato l’illegittimità del silenzio tenuto dal Comune, ordinandogli di provvedere entro un determinato termine.

Avverso tale decisione, l’Ente ha proposto appello, sostenendo che il proprietario confinante non aveva un interesse concreto a quella pronuncia, in considerazione del fatto che il Comune stesso aveva già svolto l’attività sanzionatoria (recte, l’adozione dell’ordinanza di demolizione), e che le conseguenze pratiche di tale attività sarebbero inerenti alla gestione, ad ampio spettro, dell’attività repressiva dell’Amministrazione, senza possibilità – per il confinante – di far valere una qualche sua aspettativa.

Il Giudice amministrativo di secondo grado si è, invece, dimostrato di contrario avviso, respingendo l’appello e confermando la pronuncia del T.A.R. Napoli.

A detta dei Giudici di Palazzo Spada, la P.A. ha l’obbligo di provvedere sulle istanze dei privati, non solo nei casi espressamente previsti da una norma, ma anche in ipotesi ulteriori nelle quali si evidenzino specifiche ragioni di giustizia ed equità che impongano l’adozione di un provvedimento espresso, ossia tutte le volte in cui – in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica – sorga, per il privato, una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni (qualunque esse siano) dell’Amministrazione (così, per esempio, la recente pronuncia Consiglio di Stato, sez. VI, 9 gennaio 2020, n. 183).

Ebbene, nel caso della vigilanza in materia edilizia, l’obbligo della P.A. di provvedere emerge, ormai pacificamente, sia dalla disciplina di settore (art. 27, d.P.R. 380/ 2001), sia sulla scorta della relativa interpretazione giurisprudenziale. Nello specifico, il Consiglio di Stato ha chiarito che il proprietario confinante con l’immobile asseritamente abusivo vanta un interesse sostanziale – proprio in ragione della vicinanza – all’esercizio dei poteri repressivi e ripristinatori da parte della competente Amministrazione comunale, cosicché egli ha un interesse giuridicamente tutelato acché la P.A. definisca i procedimenti sanzionatori relativi all’immobile medesimo entro il termine previsto dalla legge, pena l’illegittimità del relativo silenzio.

avv. Domenico Chinello